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Bukowski e la vita "dalle 9 alle 5"

"La schiavitù non è mai stata abolita, si è semplicemente estesa a tutti i colori della pelle!"

 

Questo recita un estratto della lettera (che puoi leggere integralmente alla fine dell'articolo) che il famoso scrittore Charles Bukowski scrisse a John Martin, l'uomo che nel 1971 gli propose di lasciare il suo lavoro all'ufficio postale per diventare uno scrittore a tutti gli effetti.

Cento dollari al mese per il resto della vita: ecco ciò che gli offriva nella sua proposta ed ecco come contribuì alla liberazione prima e alla nascita poi, di uno degli scrittori più conosciuti del ventesimo secolo.

 

In quella lettera Bukowski ripercorre alcuni passi dei suoi precedenti lavori, della sua vita da operaio e di una realtà che è attuale ancora oggi; per questo motivo a un certo punto inserisce la frase che ho usato in apertura, per chiarire che nonostante le apparenze, alcune condizioni non sono mai davvero cambiate. Si sono un po' modificate; sono diventate socialmente accettabili perché più eque in termini di diffusione, sebbene non certo in termini umani.

 

Quando lavorava in fabbrica si sentiva in trappola; sapeva che se avesse continuato su quella strada non avrebbe mai potuto conquistare la libertà. Di ciò che scrive in quella lettera un concetto appare predominante:

"uno schiavo è pagato quanto basta per sopravvivere ma mai abbastanza per comprare la propria libertà."

È triste ma vero.

Si rammarica inoltre del fatto che ci siano ben poche persone che se ne rendono conto e che hanno il coraggio di fare una scelta diversa che le porti verso il tipo di vita che desiderano, non verso quella che pensano di potersi permettere. C'è molta differenza.

 

Il fatto è che fin da piccoli ci hanno condizionati a pensare che per essere normali servono una famiglia, un lavoro stabile anche se mal pagato, un mutuo e una routine fatta di certezze, piuttosto che di felicità.

Non fraintendermi, può esserci felicità anche nella routine se te la sei costruita su misura, ti sei dato la possibilità di esprimere i tuoi desideri, coltivare i tuoi sogni e rischiare qualche certezza a beneficio della piena realizzazione di te stesso.

 

Bukowski avrebbe preferito di gran lunga finire sotto un ponte o sopra una panchina al parco, piuttosto che continuare la vita che aveva fatto per i primi trentacinque anni "sotto padrone", come si diceva una volta. Se era comunque destinato alla povertà e alla schiavitù, perché attendere la fine della vita? Tanto valeva buttarsi nel futuro cercando di renderlo più aderente possibile al suo sogno di diventare scrittore.

Chissà quante belle parole avremmo perso se non si fosse dimostrato così coraggioso, così determinato a guadagnare la felicità. Eh sì, perché lui se l'è guadagnata al 100%; non solo per il lavoro che ha svolto con impegno e dedizione per riuscire a mettere a frutto il proprio talento, ma soprattutto per il coraggio che ha avuto nel lasciarsi alle spalle qualcosa di sicuro che conosceva, per andare verso l'ignoto e la precarietà.

 

Tu sei come Bukowski. Hai una vita piena di impegni, un lavoro che spesso non rende quanto dovrebbe e un sogno nel cassetto.

Non è forse così?

Non c'è forse qualcosa che ti piacerebbe tanto fare per guadagnarti da vivere? Quella cosa che faresti anche gratis pur di avere la possibilità di farla? E ancora, non c'è forse qualche sfizio in più che vorresti toglierti nella vita di tutti i giorni? Non per forza grandi lussi, anche solo qualche piccola miglioria che innalzerebbe la qualità della tua esperienza terrena; magari qualcuno a cui affidare le pulizie di casa o la preparazione dei pasti, una babysitter che si occupi dei tuoi figli una volta ogni tanto, così che tu possa uscire a cena con la tua metà e concederti un momento di svago o ancora, proprio per esagerare, una vacanza durante la quale goderti un'avventura in un Paese straniero o solo un periodo di riposo lontano dalla routine.

 

Tu, a differenza di Bukowski, non hai nemmeno bisogno di mollare tutto per ottenere questo risultato.

Ci sono momenti in cui bruciare i ponti con il passato è uno stimolo a fare di più e meglio per tagliare il traguardo prefissato nel più breve tempo possibile, ma in questo caso avere tempo e tranquillità a tua disposizione è il modo migliore per fare un salto di qualità e andare nella direzione dei tuoi sogni in tutta comodità.

 

Stai già facendo il lavoro dei tuoi sogni? Molto bene.

Ti rende quanto dovrebbe o quanto ti serve che renda?

Il punto è che non è vero che per guadagnare il denaro che ti serve per vivere devi consumare le suole delle scarpe macinando chilometri o peggio ancora te stesso su una scrivania o in fabbrica.

Se fare il fattorino, l'impiegato, l'operaio o qualsiasi altra cosa ti rende felice, fallo. Ma se non è così valuta la possibilità di impiegare il tuo tempo in un altro modo, sarà di certo più produttivo a tutti i livelli: economico ed emotivo in primis.

In seconda battuta devi valutare se la professione che hai scelto di svolgere ti permette di avere lo stile di vita che vuoi; se la risposta è sì tutto bene, altrimenti dovrai trovare il modo di conciliare la tua passione con la concretezza della vita.

 

Puoi riuscirci ed è anche semplice; devi solo fare un salto di qualità e renderti conto che l'abbondanza è prima di tutto uno stato mentale, solo in seguito il pensiero diventa materia.

 

Fissa degli obiettivi professionali e personali, stabilisci la cifra che vuoi guadagnare per vivere bene e procurati gli strumenti che ti servono a realizzare i tuoi propositi. È più facile di quel che sembra, se ti metti in marcia verso il futuro che desideri.

Concludo questo post con l'ultima frase della lettera di Bukoski (che trovi di seguito), sperando che possa essere anche il nostro pensiero quando saremo avanti con gli anni: 

"Non aver sprecato interamente la mia vita mi sembra un gran bel successo."

Ciao

   Massimo 


 

Lettera di Charles Bukowski a John Martin.

"Ciao John,

Grazie per avermi scritto. Non credo  faccia male, a volte, ricordare da dove si viene. Tu sai i posti da dove vengo io. Le persone che ne scrivono o ci fanno i film, non ne hanno idea. Chiamano quella vita “dalle 9 alle 5” ma quel tipo di lavoro non è mai dalle 9 di mattina alle 5 del pomeriggio.

Non hai la pausa pranzo in quei posti, perché gli altri dipendenti, temendo di perdere il lavoro, preferiscono non farla. E poi ci sono gli straordinari e i registri non sembrano mai dire davvero quanto tempo ti sei fermato in più. E se ti lamenti di tutto ciò, ci sarà un altro sfigato come te pronto a prendere il tuo posto.

Conosci il mio vecchio detto? “La schiavitù non è mai stata abolita, si è semplicemente estesa a tutti i colori della pelle”.

Ciò che mi fa male è vedere la decadenza costante di questa umanità che lotta per tenere lavori che non vuole ma ha troppa paura dell’alternativa. Le persone sono vuote. Sono semplicemente corpi pieni di paure, con menti obbedienti. Non hanno più colori negli occhi. Le loro voci diventano orrende. E così i loro corpi. I capelli, le unghie, le scarpe. Tutto diventa orrendo.

Da ragazzo non potevo credere che le persone scambiassero le loro vite per quelle condizioni. Da vecchio uomo che sono oggi, non riesco ancora a crederci.

 In cambio di cosa accettano una vita del genere? Il sesso? La televisione? Un’automobile a rate? Avere dei figli? Figli che avranno la loro stessa misera vita?

Tanti anni fa, quando ero giovane e passavo da un lavoro all’altro, ero così ingenuo che a volte volevo conversare con i miei colleghi: “Hey, ma vi rendete conto che da un momento all’altro il capo può entrare qui dentro e mandarci tutti a casa?”

 Loro mi guardavano. Per loro rappresentavo un pensiero che non volevano entrasse nella loro testa.

Ora nel mondo del lavoro ci sono licenziamenti di massa. Centinaia di migliaia di persone si ritrovano senza un lavoro e sono sconvolti.

“Ho dedicato a quel lavoro 35 anni della mia vita…”

“Non è giusto”

“Non so cosa fare”

La verità è che gli schiavi non vengono mai pagati abbastanza per potersi liberare. Vengono pagati il giusto per poter sopravvivere ed essere costretti ad andare a lavorare ogni giorno. Io vidi tutto questo. Perché gli altri non ci riescono? Immagino che per me la panchina del parco o il bancone del bar andassero già bene. Perché non finire subito lì? Perché aspettare che mi togliessero il lavoro?

È stato un sollievo enorme uscire da quel sistema di merda. E ora che sono qui, un cosiddetto scrittore professionista, dopo aver ceduto i primi cinquant’anni della mia vita, mi rendo conto con ancora più lucidità di quanto sia disgustoso.

Ricordo una volta, lavoravo in un’azienda di imballaggi. A un certo punto uno degli altri operai ebbe una crisi e disse ad alta voce: “Io non sarò mai libero!” Passò uno dei capi lì vicino (si chiamava Morrie) e fece una risata orribile, godendo del fatto che quell’uomo era intrappolato per tutta la sua vita.

Ho avuto la fortuna di scappare da quei posti e non importa quanto ci ho messo: mi ha donato una forma di gioia che ha il sapore del miracolo. Ora scrivo con una mente vecchia dentro un corpo vecchio, ben oltre quell’età in cui gli uomini pensano di poter ancora scrivere. Ma visto che ho iniziato così tardi, lo devo a me stesso: devo continuare.

E quando le parole diventeranno indistinguibili e avrò bisogno di qualcuno che mi aiuti per fare le scale e non riuscirò più a distinguere un uccellino da una clip in metallo, sono sicuro che comunque ricorderò  bene come sono uscito dal massacro della vita in fabbrica per riuscire almeno a morire in modo generoso.

Non aver sprecato interamente la mia vita mi sembra un gran bel successo.

 

Charles Bukowski, 1988"

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